
Valentina Villani
Nata a Roma dove vive e lavora come psicologa e psicoterapeuta, coltiva la passione per la fotografia e la sceglie come mezzo per raccontare storie di vita, di dolore, intime sensazioni e denuncia sociale. Ha partecipato a diversi concorsi e organizza mostre di fotografia.
Nel 2015 vince il concorso nazionale bandito dall’associazione Il filo di Eloisa, per la valorizzazione del pensiero e della creatività femminili, con un progetto di cinque foto e relativi testi.
Il progetto è stato pubblicato nel volume “Lo spazio consapevole” (Iacobelli Editore).
Nel 2017 pubblica il libro “Ape Bianca” composto da due volumi, uno narrativo e uno fotografico, edito da Adiaphora Edizioni.
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1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Per combattere alcuni stereotipi comuni del tipo “Sai anche io sono un po’ psicologo” oppure “dallo psicologo ci vanno quelli matti”. A parte gli scherzi, credo che la psicologia sia una delle discipline che più si occupano dell’essere umano, che consente di toccare una dimensione intima e profonda con persone estranee a noi, in alcuni casi diverse per gusti, idee politiche, cultura e abitudini. Eppure si sta dentro una relazione che nutre, cura e arricchisce entrambi. Da persona curiosa ho scelto una disciplina che si pone domande, da viaggiatrice ho scelto una materia che esplora la mente umana nei suoi angoli più nascosti, da scrittrice ho scelto di condividere storie e racconti insieme ad altri e insieme a loro rintracciarne i significati profondi. Il fascino risiede in un materiale mai uguale a sé stesso, ogni individuo è unico, non c’è ripetizione, ogni psicoterapia è un viaggio a sé.
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Creativa. Questo aggettivo vale sia per la professione di psicoterapeuta che per l’attività di scrittrice.
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Ho un vago ricordo della biblioteca del mio liceo ma ricordo molto bene quella dell’università La Sapienza di Roma o le piccole biblioteche di quartiere in cui mi rifugiavo a studiare o a leggere.
4. Come definiresti la biblioteca?
Un luogo misterioso, ogni persona è immersa in un silenzio che è solo apparente, in realtà dentro ogni individuo c’è un viavai di pensieri, informazioni, piacere estetico, intuizioni, conoscenza, dubbi, domande. La biblioteca è uno di quei luoghi in cui si è soli in mezzo a tante altre persone senza sentirsi a disagio, in quella condizione illuminata di solitudine come scelta consapevole, non imposta, non subita e non sofferta. Esattamente il tipo di solitudine che ricerchiamo nei momenti creativi e di maggior contatto con parti profonde di noi stessi.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
Il silenzio. Sentire uno spazio interno. E poi osservare le altre persone mentre sono assorte nel loro silenzio. Trovo questa alternanza di prospettive interna/esterna particolarmente interessante.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Credo sia stato “Piccole donne” di Louisa May Alcott.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
Ce ne sono diversi, mi viene in mente “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez, “Lo straniero” di Albert Camus, le poesie di Sylvia Plath, ma la lista è lunga.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Dipende dalla sua personalità, dai gusti, dall’età, per citarne solo alcuni, “Il ritratto di Dorian Grey” di Oscar Wilde, “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach, “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry, “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini, “La casa degli spiriti” di Isabel Allende, senza tralasciare i grandi classici della letteratura.
9. Leggere fa bene? E perché?
Perché è al tempo stesso evasione e consolazione, è come viaggiare rimanendo fermi. La parola è il mezzo principale con cui comunichiamo, attraverso la quale si attiva l’immaginazione che dà un volto ai personaggi e caratterizza le ambientazioni e i luoghi del libro. Un lavoro stimolante in cui lo scrittore prepara una traccia da seguire ma poi la strada vera e propria, l’immagine visiva corrispondente a quelle parole vengono costruite dal lettore. E ogni lettore lo fa a modo suo. Leggere è entrare in una comunicazione profonda con l’altro, è uno scambio attivo con l’autore, è libertà di pensiero, è terapia per l’anima.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
“Qual è la prossima cosa che farai?”
Bere un caffè, guardare l’orologio e cominciare una nuova giornata.

“Ape bianca” di Valentina Villani – Adiaphora Edizioni – 2017
[Grazie ad Adiaphora Edizioni per la collaborazione]
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