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Valter Esposito, giornalista pubblicista, è stato responsabile dell’ufficio stampa del Polo Museale del Veneto. Collabora dal 1985 con “La Nuova di Venezia e Mestre” e ha collaborato per diversi anni con la “Gazzetta dello Sport” e altri periodici sportivi nazionali.

SPECIALE MARZO DONNA 2022
Versi, scritture, incontri

Lunedì 14 marzo 2022 ore 18.00 in Biblioteca

Francesca Ruth Brandes e Valter Esposito hanno pubblicato insieme il libro di poesia “E viva!” per Zacinto Edizioni, ma per l’occasione Valter Esposito condurrà gli ascoltatori lungo il pensare poetico di Francesca Ruth Brandes, dialogando con lei attraverso le sue opere.

Valter Esposito ha pubblicato biografie di personaggi legati al mondo dello sport e opere di narrativa e poesia tra le quali ricordiamo, per i tipi di Cleup, Gli amori in versi, 2016; Le emozioni perdute, 2017; Dove vivere è sognare, 2019 e la biografia Arturo Collodel. Se tornassi indietro farei il contadino, 2018

1) Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?

Premetto che faccio il giornalista da trentacinque anni. Il “passaggio” verso la scrittura prima in prosa e dopo in poesia è stato quasi obbligato, una sorta di liberazione.

2) Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?

Credo l’essere sincero, spontaneo e in parte malinconico.

3) Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?

In prima media quando con alcuni compagni andavamo nell’allora biblioteca di Mestre che si trovava in via Palazzo e dovevi salire una lunga scala posizionata all’esterno dell’edificio.

4) Come definiresti la biblioteca?

La biblioteca (tra l’altro in quella di Mestre la Vez ci lavora mia moglie) è un luogo stupendo, la vera e propria casa dei libri dove poter dare sfogo alla mente. Dove dai bambini agli adulti possono trovare ciò che non si può trovare in altri luoghi. Allo stesso tempo rappresenta un bel momento di aggregazione silenziosa.

5) Cosa ti piace di più in una biblioteca?

Il silenzio e l’accoglienza.

6) Quale è stato il primo libro che hai letto?

Sono incerto sulla risposta tra “Pinocchio” (il più bel romanzo di tutta la storia della letteratura) e “Cuore”. Poi magari mi torna in mente qualcos’altro ma teniamo buoni questi due titoli.

7) Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?

Forse mi ripeto ma “Pinocchio” senz’altro me lo porto dentro, poi venendo ai giorni nostri sicuramente “Il museo dell’innocenza” di Ohran Pamuk e “L’idiota” di Dostoewskij.

8) Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?

Sicuramente tutti i libri dedicati ai ragazzi dai “Tre moschettieri” a “Robinson Crosue” e poi “L’isola del tesoro”, “Robin Hood”, i classici per ragazzi tutti. Senza ovviamente dimenticare “I promessi sposi”, crescendo “Il giovane Holden”.

9) Leggere fa bene? E perché?

Perché è la miglior medicina per la nostra mente e per il nostro cuore… e non serve nessuna ricetta medica.

10) A quale altra domanda avresti voluto rispondere?

Del perché, purtroppo, si legge sempre meno. Dai quotidiani ai romanzi, dalle poesie ai saggi. In Italia, in particolare proprio i giovani leggono poco e quando lo fanno magari leggono sui tablet. E’ così bello leggere un libro appena acquistato in libreria, sentire il profumo della carta e questo vale anche per i giornali. Personalmente continuo ad acquistarne due tutte le mattine…

Foto di Umberto Cornale

SPECIALE MARZO DONNA 2022
Versi, scritture, incontri

Lunedì 14 marzo 2022 ore 18.00 in Biblioteca

Francesca Ruth Brandes e Valter Esposito hanno pubblicato insieme il libro di poesia “E viva!” per Zacinto Edizioni, ma per l’occasione Valter Esposito ci condurrà lungo il pensare poetico di Francesca Ruth Brandes, dialogando con lei attraverso le sue opere.

Scrivo per necessità intima. Mi piacciono la carta, le penne, le tastiere … è un po’ come ballare. Faccio la giornalista perché sono curiosa, perché mi piace la gente, perché è un modo felice di ragionare. Così poi scrivo anche d’altro: d’arte, ad esempio, di libri, di danza. Amo anche la poesia, e ogni tanto ci provo.

Francesca Ruth Brandes vive e opera a Venezia. Giornalista e curatrice d’arte, ha scritto e condotto per RadioRai programmi di attualità culturale. Si è spesso occupata di tematiche ebraiche. Tra le pubblicazioni, si possono ricordare: Canto a più grida, Venezia, 2005; Piccole benedizioni, Padova, 2006; Tikkun, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2008; Trasporto, LietoColle, Faloppio, 2009; L’undicesimo giorno, LietoColle, Faloppio, 2012; Storie dal giardino, La Vita Felice, Milano, 2017. Nel 2020, insieme a Valter Arnaldo Esposito, ha pubblicato la raccolta di poesie E Viva! per Zacinto Edizioni.

1.Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?

Perché sono curiosa e mi piace raccontare storie

2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?

Estremamente varia

3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?

Ripenso alla biblioteca della Querini. Stampalia, al profumo di legno lucidato, ai pomeriggi sereni dei miei anni universitari…

4. Come definiresti la biblioteca?

Casacasacasa!

5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?

Il profumo di libertà che vi si respira.

6. Quale è stato il primo libro che hai letto?

“L’isola del tesoro” di Stevenson e “Viaggio al centro della Terra” di Jules Verne

7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?

Sicuramente “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez.

8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?

“Moby Dick” di Herman Melville

9. Leggere fa bene? E perché?

Leggere apre la testa, consente di difendersi meglio di qualsiasi altra arma. Leggere rende liberi.

10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?

Quale libro ti piacerebbe scrivere?

SPECIALE MARZO DONNA 2022
Versi, scritture, incontri

Mercoledì 16 marzo 2022 ore 18.00 in Biblioteca
Saveria Chemotti e Mario Coglitore dialogheranno con la giornalista Sara Zanferrari a partire dal loro nuovo libro “Il giogo dei ruoli

Saveria Chemotti ha insegnato Letteratura italiana moderna e contemporanea e Letteratura italiana di genere e delle donne presso l’Università di Padova. Ha scritto numerosi saggi sulla narrativa e la poesia del Novecento italiano e dedicato molte ricerche alla storia e alla scrittura delle donne.

Ha pubblicato i romanzi: La passione di una figlia ingrata (2014), Ti ho cercata in ogni stanza (2016), Siamo tutte ragazze madri (2018) con l’editrice L’Iguana; A che punto è il giorno. Racconti (Apogeo, 2019); Quella voce poco fa (Iacobelli, 2019). Per Il Poligrafo dirige la collana “Soggetti rivelati. Ritratti, storie, scritture di donne”. Vive e lavora a Padova.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?

La passione per la letteratura e la scrittura ha caratterizzato tutto il mio percorso di studi e di è trasformata in ricerca con particolare interesse per la scrittura ottonovecentesca e la scrittura delle donne. L’insegnamento all’università di Padova ha reso possibile la mia attività di docente e di studiosa.

2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?

Curiosa e tenace.

3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?

La lettura dei libri conservati nella piccola biblioteca dell’Istituto Magistrale di Trento. La lettura di Elio Vittorini e di Danilo Dolci.

4. Come definiresti la biblioteca?

Una banca per investire e arricchirsi.

5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?

Gli scaffali con i libri in ordine e i tavoli per leggere. Il silenzio che si colora di parole che si trasformano in pensieri che ci riscaldano e ci sorreggono. Anche le persone chine sulle pagine mentre prendono appunti.

6. Quale è stato il primo libro che hai letto?

Non lo ricordo, ma mi ha colpito molto Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino. Lo ricollegavo ai nidi dei miei boschi in Trentino. In modo, certo, assurdo, ma ero una ragazzina delle medie.

7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?

Le lettere dal carcere di Antonio Gramsci, un intellettuale e uomo politico che ho studiato e studio ancora.

8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?

Le poesie di Antonia Pozzi, una delle più grandi poetesse del Novecento, ma anche Una donna Sibilla Aleramo, che ha tracciato il percorso imprescindibile della scrittura delle donne italiane.

9. Leggere fa bene? E perché?

Perché apre a viaggi verso altri mondi, altre personalità e ci aiuta a riconoscerci.

10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?

Chi sto leggendo: Margaret Atwood e Amélie Nothomb

Marino Marini

Per quasi dieci anni ho curato nel miglior modo possibile questo blog ed è giunto il momento di passare la mano a chi mi sostituirà poiché a breve andrò in pensione.
Nasco una mattina di piena estate in un campo profughi per esuli istriani e dalmati ad Altamura (Bari) nel lontano 1958. Con la famiglia mi trasferisco nel 1961 in Danimarca dove rimaniamo fino al 1969, quando decidiamo di fare ritorno in Italia. Da allora vivo e ho lavorato in provincia di Venezia.
Attratto fin da bambino da tutte le espressioni artistiche e creative, disegno ritratti realistici e dipingo quadri distrattamente astratti, suono la chitarra e canto. Ho lavorato come attore, regista e scenografo in teatro. Per un fecondo periodo ho pubblicato vignette satiriche su periodici e quotidiani locali e nazionali. Mi sono occupato di organizzazione e gestione di iniziative culturali.
Dal 2002 a tutto il 2021 sono stato in pianta stabile nella Biblioteca Comunale di Spinea (VE)

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?

Prima di fare il bibliotecario ho fatto molti altri mestieri. Alcuni per necessità, altri per passione. Lavorare tra i libri però è sempre stato un sogno che ad un certo punto, per una serie di fortunate circostanze, si è avverato e sono diventato, come mi piace definirmi, un “riciclatore di cultura”. Mi sono occupato prevalentemente delle sezioni Mediateca e Fumetti, dell’organizzazione di eventi, incontri letterari, laboratori e ho curato questo blog.

2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?

Coinvolgente e appassionante ma anche impegnativo. Insomma, è bello ma ci si deve dedicare tempo ed energie sia fisiche che mentali.

3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?

Da bambino negli anni ’60 in Danimarca dove ho vissuto l’infanzia. Una piccola biblioteca con le vetrate sul mare dell’Isefjord nel nord dell’isola dello Sjælland in cui ho scoperto, consultando un atlante, dove era l’Italia.

4. Come definiresti la biblioteca?

Un luogo che insegna la libertà della conoscenza. Una piazza coperta del sapere (Antonella Agnoli docet) dove rifugiarsi quando piove ignoranza.

5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?

Il silenzio, le parole sussurrate, la disponibilità, la condivisione, l’apertura, la tolleranza, il rispetto reciproco e le relazioni. E poi il fatto che in biblioteca la cultura non è solamente esposta e data in prestito, ma la si crea, la si produce e la si propone facendo in modo che sia alla portata di chiunque.

6. Quale è stato il primo libro che hai letto?

Se per primo libro si intende uno in cui prevalgono le parole sulle illustrazioni, allora è stato “Emil da Lonneberga” (Emil fra Lønneberg, in danese) dell’autrice svedese Astrid Lindgren conosciuta in Italia soprattutto per “Pippi Calzelunghe”. Me lo regalò mia sorella l’ultimo Natale che trascorremmo in Danimarca.

7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?

Sicuramente “Demian” di Hermann Hesse, soprattutto perché me lo fecero leggere a 14 anni e non lo capii, anzi, rischiai di disamorarmi dalla lettura per la frustrazione che provai. Poi però lo rilessi qualche anno più tardi e feci pace con Hesse di cui ho letto quasi tutto.

8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?

Innanzitutto gli/le consiglierei di leggere.

Libri, fumetti, e-book, riviste, quotidiani, perché leggere e informarsi sono il nutrimento più importante di cui abbiamo bisogno. Ad un giovane suggerirei di leggere i classici, non solo perché raccontano storie coinvolgenti ma semplicemente perché sono scritti bene ed educano quindi a riconoscere e ad assorbire la qualità. Allora, basandomi sui miei gusti personali, direi “Il Conte di Montecristo” e “I tre Moschettieri” di Alexandre Dumas, “Piccole donne” di Louisa May Alcott, “Le tigri di Mompracem” e tutto la serie con Sandokan di Emilio Salgari, la trilogia “I figli del capitano Grant”, “20000 leghe sotto i mari” e “L’isola misteriosa” di Jules Verne, tutto Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, i racconti e i romanzi del Ciclo dei Robot di Isaac Asimov, giusto per incominciare nel modo migliore.

9. Leggere fa bene? E perché?

Svelo un segreto: questa domanda è stata pensata come retorica poiché contiene la risposta già al suo interno.

Ovvio che leggere fa bene! Leggere è un vaccino contro le cattive influenze. Per quanto mi riguarda lo renderei obbligatorio per legge!

10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?

In tanti anni l’ho chiesto a centinaia di intervistati e ora mi rendo conto che forse 9 sono sufficienti!

Antonella Lattanzi (foto di ©Cristiano Gerbino)

MARZO DONNA 2021

Incontro con l’autrice lunedì 29 marzo 2021 alle ore 18,00 in diretta streaming sulla pagina Facebook della Biblioteca di Spinea.
Intervista a cura di Sara Zanferrari.

Antonella Lattanzi è nata a Bari e vive a Roma. Esordisce nel 2004 con i racconti “Col culo scomodo” per poi dedicarsi al folclore della sua regione d’origine con “Leggende e racconti popolari della Puglia” e “Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Puglia”.
Il suo primo romanzo è “Devozione” del 2010 al quale hanno fatto seguito “Prima che tu mi tradisca” (finalista al Premio Stresa 2013) e “Una storia nera” nel 2017, vincitore del Premio Cortina d’Ampezzo. Attiva anche in televisione (ha collaborato al programma Le invasioni barbariche) e nella carta stampata (collabora con Tuttolibri de La Stampa e con Il Venerdì de La Repubblica).
In ambito cinematografico è autrice della sceneggiatura (assieme al regista e a Filippo Gravinio) del film “Fiore” di Claudio Giovannesi del 2013, di “2night” di Ivan Silvestrini del 2016 e “Il campione” di Leonardo D’Agostini.
Nel 2021 pubblica per HarperCollins il romanzo “Questo giorno che incombe”, presentato al Premio Strega da Domenico Starnone.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Perché amo quando qualcuno mi racconta le storie, e amo leggere le storie. Perché ci sono dei libri che hanno cambiato la mia vita, letteralmente, che mi hanno spinto a prendere delle decisioni importanti che altrimenti non avrei avuto il coraggio di prendere. Perché la parola scritta è il mezzo più potente che abbiamo, per me, per cercare di comprendere il mondo.

2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Un verbo. Scoprire.

3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Non è il primo ma è tra i più importanti. Quando mi ero appena trasferita a Roma, andavo a studiare spessissimo nella biblioteca “Goffredo Mameli”, al Pigneto. Lì mi sentivo a casa. Avevo il mio posto, il mio tempo, il mio spazio. Potevo conoscere libri sconosciuti o che non avrei potuto acquistare, al tempo. Era la mia casa per la maggior parte della giornata.

4. Come definiresti la biblioteca?
Casa, viaggio, scoperta, emozione.

5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
Il silenzio caldo, la possibilità di scoprire mondi che fino a quel momento non conosci. La consapevolezza di trovarmi con persone come me. Le infinità possibilità di lettura e di conoscenza.

6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Non me lo ricordo… Leggo libri e fumetti da quando mi ricordo, perché i miei genitori hanno educato me e mia sorella all’amore per la lettura. Alla necessità della lettura. Ma il libro più importante per me quando ero molto piccola è stato “La storia infinita” di Michael Ende. E’ stato il primo libro “lungo” che ho letto. Ero convinta che fosse un’impresa troppo ardua per me. Poi ci sono caduta dentro e ne sono riemersa innamorata, cambiata. Più adulta. E consapevole di quanto per me i libri fossero imprescindibili.

7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
“Madame Bovary” di Gustave Flaubert. L’ho letto non so più quante volte. Ogni volta è un libro nuovo. Dentro Madame Bovary c’è tutto. Si ride fino alle lacrime, si piange disperati, c’è la suspense, c’è un uso degli stili e della lingua che non c’era mai stato prima. Ci siamo noi, dentro una donna che cercare disperatamente di essere felice e invece viene soverchiata dal Desiderio. Senza riuscire a trovarsi mai.

8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
“Il buio oltre la siepe” di Harper Lee. “Il giovane Holden” di J.D. Salinger. “La storia infinita” di Michael Ende.

9. Leggere fa bene? E perché?
Leggere è vita. E’ acqua sempre nuova. E’ mettersi in discussione sempre, e sempre essere in viaggio.

10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Un altro libro che consigli?
“Sotto il vulcano” di Malcolm Lowry. Una discesa agli inferi ma anche un viaggio dentro di noi, i nostri demoni, le nostre dipendenze, i nostri sbagli. Un libro incredibile.

Gianni Montieri (foto di Anna Toscano)

Ho vissuto in tre posti: Napoli, Milano, Venezia, e da ognuno di questi luoghi vengo.
La cosa che amo di più fare è leggere, lo scrivere viene in un secondo momento. Amo passare molto tempo nelle storie degli altri e poi raccontarle. Non smetto mai di guardarmi intorno. Ogni volta che scrivo una poesia è una conquista, un riparo, una ricerca che si compie, una piccola sofferenza, un gioco di memoria e di sponda, una gioia. Quando scrivo un articolo su un libro o di sport mi diverte far convergere al suo interno tante cose: poesia, cinema, fotografia, intuizioni. Mi piace camminare per Venezia, dove vivo adesso, e non smettere di stupirmi, non smettere di essere grato.

Tutto quello che c’è da sapere di me lo trovate nel mio sito.

  1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?

Non saprei dire il perché ma so che scrivere, ancor di più leggere o raccontare un libro, mi fa sentire – almeno ogni tanto – bene. In alternativa, avrei giocato a calcio ma non ne sono stato altrettanto capace.

  1. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?

Parliamo di attitudine, direi attenzione e cura

  1. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?

La piccola biblioteca della scuola media di Giugliano il mio paese d’origine, c’erano pochissimi libri ma era bello venire a conoscenza di un posto dove quei volumi potessero stare insieme, al sicuro.

  1. Come definiresti la biblioteca?

Qualcosa di molto vicino al concetto di casa.

  1. Cosa ti piace di più in una biblioteca?

Il silenzio e poi alzarmi e avvicinarmi a uno scaffale, prendere un libro, sfogliarlo, portarmelo al tavolo, più tardi riporlo.

  1. Quale è stato il primo libro che hai letto?

Dopo le fiabe, quasi certamente “Moby Dick” di Herman Melville.

  1. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?

Sono parecchi, ma direi che proprio “Moby Dick” occupa un posto speciale; quel romanzo ha aperto una porta, dopo è bastato entrare.

  1. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?

Moby Dick, L’isola di Arturo di Elsa Morante, Il giovane Holden di Salinger, poi qualcosa di Nick Hornby e di Irvin Welsh. E poi andare per scaffali e annusare i libri di poesia, aprirli a caso.

  1. Leggere fa bene? E perché?

“Leggere è sempre più importante che scrivere” afferma Bolaño. Sono d’accordo con lui. Leggere fa bene sì, perché non saprei. Forse perché conforta, illumina, appassiona, insegna, diverte, e chissà quante altre cose ancora.

  1. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?

Quando ci ritroviamo tutti di persona a Spinea in biblioteca? Prestissimo, avrei risposto.

Nicola De Cilia

Sono nato a Treviso, nel 1963, sono un insegnante (italiano e latino), al Liceo Giuseppe Berto di Mogliano Veneto. Collaboro da molti anni con le riviste «Lo Straniero», e gli «Gli asini», dirette da Goffredo Fofi. Ho scritto un’inchiesta su educazione e rugby, Pedagogia della palla ovale (edizioni dell’asino, 2015) e un romanzo Uno scandalo bianco (Rubbettino, 2016). Ho inoltre curato un’antologia dedicata a Giovanni Comisso, Viaggi nell’Italia perduta (edizioni dell’asino, 2017), e due libri di Nico Naldini, Alfabeto degli amici (l’ancora del mediterraneo, 2004) e Come non ci si difende dai ricordi (Cargo, 2005). Nel 2018, ho pubblicato la raccolta di saggi Saturnini, malinconici, un po’ deliranti. Incontri in terra veneta e, nel 2019, Geografie di Comisso. Cronaca di un viaggio letterario (entrambi a cura di Maria Gregorio, pubblicati da Ronzani Editore).

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Faccio l’insegnante, dal 1992, ma, che mi si creda o no, ci sono capitato per un caso fortuito. Mi ritengo fortunato, perché è un mestiere che mi piace molto.

2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Relativamente alla mia attività di scrittore, problematica.

3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Il mio primo ricordo è legato alla biblioteca di mia nonna paterna, che viveva in Friuli, in cui era custodita una Divina Commedia con le illustrazioni di Gustavo Dorè che sfogliavo con un misto di attrazione e repulsione per tutte le creature mostruose, dannati compresi. Ma se parliamo di biblioteca pubblica, allora quella del mio paese, il cui cuore pulsante era una bibliotecaria generosa e instancabile, Gioia Rizzotto: in quelle stanze, mi sono sentito “grande” per la prima volta.

4. Come definiresti la biblioteca?
Un covo di briganti silenziosi.

5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
La complicità tra i lettori.

6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Non ne sono sicuro, ma credo un libro sugli animali dei mari del nord.

7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
“Il rosso e il nero” di Stendhal e, ultimamente, “La montagna vivente” di Nan Sheperd.

8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Quando consiglio libri, cerco di tararli sull’età e sul carattere. Pensando a un lettore molto giovane, e andando sui “classici”, direi “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain, oppure, per un lettore sedicenne, “Una questione privata” di Beppe Fenoglio.

9. Leggere fa bene? E perché?
Certo che fa bene, il cervello è un muscolo che va allenato. Leggere aiuta a sviluppare i neuroni specchio e quindi l’empatia.

10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Perché ti piace così tanto camminare?

Sandro-Frizziero

Sandro Frizziero

SPECIALE NOTTI DI LIBRI – SPINEA 2020

Sandro Frizziero è nato a Chioggia nel 1987 e insegna Lettere negli istituti superiori della sua città. Per Fazi Editore, nel 2018, ha pubblicato Confessioni di un NEET, finalista al Premio John Fante 2019. Finalista Premio Campiello 2020 con il libro “Sommersione“.

1. Perché hai scelto il lavoro che fai?

Ho scelto di fare l’insegnante innanzitutto per continuare a nutrire e, in un certo qual modo, mettere alla prova, la mia passione per la letteratura. Lavorare con i ragazzi, poi, è faticoso quanto entusiasmante. Le soddisfazioni, quando arrivano, sono tali da ripagare ogni sforzo.

2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?

L’aggettivo potrebbe essere “stimolante”. Come tutte le professioni, anche quella dell’insegnante ha aspetti routinari e noiosi ma, a differenza di molte altre, è in grado di porre chi la esercita sempre di fronte a nuove sfide, nuove situazioni, nuovi contesti.

3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?

Sono entrato in una biblioteca per la prima volta su iniziativa di una mia insegnante delle elementari. Ricordo di essere stato folgorato dalla quantità di libri che c’erano sugli scaffali. L’attrazione per il libro come oggetto, nel mio caso, è venuta prima della passione per la lettura.

4. Cosa ti piace di più in una biblioteca?

Ho frequentato tantissimo le biblioteche veneziane durante gli anni dell’università. Oggi ci vado più di rado. Di una biblioteca apprezzo, oltre che la completezza e la ricchezza del catalogo (d’altronde, in biblioteca ci si va innanzitutto per trovare ciò che si cerca o, nei casi migliori, quello che non si pensava di dover cercare), il silenzio, l’adeguatezza dei locali. Ma quello che rende una biblioteca davvero preziosa è la presenza di personale preparato, competente e disponibile. A Chioggia sono fortunato perché il bibliotecario Stefano è questo e molto di più.

5. Quale è stato il primo libro che hai letto?

Non saprei indicare con esattezza un titolo. Però posso dire quale è stato il primo libro che mi è stato letto: l’Odissea in una riduzione per giovanissimi. Ripenso spesso a mia madre che, prima di addormentarmi, mi faceva conoscere le avventure di Ulisse. Con il senno di poi, non saprei immaginare un percorso di avvicinamento alla letteratura più coerente.

6. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?

Molti libri sono stati importanti per me. Ricordo chiaramente la sensazione di ansia, di profondo sconcerto che provavo quando, appena adolescente, a letto leggevo Kafka (i romanzi e i racconti). Ero tanto affascinato dal mondo surreale, assurdo e allo stesso tempo affascinante costruito dall’autore praghese da non riuscire a dormire. Forse il mio “ricordo speciale” è legato proprio a questo scuotimento interiore che cerco nella lettura anche oggi.

7. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?

Ai giovani consiglio di entrare in libreria o in biblioteca e farsi guidare dalla curiosità, dall’istinto, dal fiuto. Il pericolo di rimanere delusi c’è, ma il bello dei libri è legato anche l’esplorazione che ne precede la lettura. Detto questo, anche se non credo si debba necessariamente partire dai classici, come non consigliare a un giovane lettore Il Conte di Montecristo o Moby Dick?

8. Leggere fa bene? E perché?

Non sono di quelli che pensano che la lettura sia un bene di per sé. Molto dipende da cosa si legge, perché esistono libri di qualità, ovvero capaci di mettere in discussione le nostre certezze, di farci riflettere, di arricchirci, e libri che non sono altro che il corrispettivo di un blockbuster o di una serie tv. In quest’ultimo caso la lettura non fa più bene di altre attività ricreative, sebbene non sia per questo nociva, sia chiaro.

9. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?

Un’altra domanda sarebbe potuta essere: che cosa cerchi in un libro? Se mi fosse stata posta, avrei avuto modo di dire che non cerco nulla di consolatorio, di rassicurante, di terapeutico; ad ogni pagina, invece, spero di trovare l’attrito (tra quello che c’è scritto e le mie convinzioni), la frizione (rispetto alle mie aspettative di lettore), il dubbio insomma, perché non esiste nulla di più sfuggente, ambiguo, sfaccettato del mondo che ci circonda e il libro, in un certo senso, deve esserne immagine.

Sandro Frizziero a “Notti di libri”

L’autore sarà presente a Spinea, martedì 18 agosto alle ore 21:00 in Piazzetta del Municipio per la manifestazione “Notti di libri” organizzato dall’Assessorato alla Cultura di Spinea in collaborazione con la Pro Loco e la Libreria Mondadori di Santa Maria di Sala.

Sommersione“. Nel mare Adriatico ci sono isole che separano il mare dalla laguna veneta. In una di queste esili terre, Frizziero ha trovato uno scrigno di passioni brutali e primarie, di ipocrisia, maldicenza, invidia, avidità; vale a dire tutti i sinonimi dell’amore malinteso. “Sommersione” racconta la giornata decisiva di un vecchio pescatore che ha rancori da spargere, fatti e fattacci da ricordare; e gli resta da fare ancora qualcosa che sorprenderà gli abitanti dell’Isola, lettori compresi.

Andrea Penacchii

Andrea Pennacchi

Andrea Pennacchi è teatrista dal 1993.
Ha iniziato con il Teatro Popolare di Ricerca – Centro Universitario Teatrale di Padova, lavorando al fianco di maestri come Elimuntas Nekrosius, Carlos Alsina, Cesar Brie e Gigi Dall’Aglio. Nel corso della sua carriera teatrale ha prodotto e condotto diversi laboratori, ha scritto testi per bambini e si occupa stabilmente di formazione destinata soprattutto ai più giovani. Il debutto cinematografico è arrivato nel 2011 nel pluripremiato “Io sono Li”, di Andrea Segre. Di lui si ricorda la partecipazione in “Suburra” di Stefano Sollima, dove interpreta la parte del corrotto onorevole Mergio. Da qualche anno è entrato anche nel circuito delle produzioni Rai. Ha recitato in “L’Oriana” di Marco Turco, in “Grand Hotel” di Luca Ribuoli, e poi ancora in “Non uccidere 2”, “Don Matteo” e “A un passo dal Cielo”. La sua partecipazione più nota forse è quella del ragionier Galli ne “Il paradiso delle signore”. E’ ospite ricorrente della trasmissione televisiva Propaganda Live con i monologhi del suo personaggio Pojana, raccolti anche nel libro “Pojana e i suoi fratelli” uscito di recente per l’editore People con un’introduzione di Natalino Balasso.
Insegna drammaturgia e recitazione all’Accademia Teatrale Lorenzo Da Ponte di Vittorio Veneto.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Quasi per caso a dire il vero: a scuola ero uno di quelli che non amava il teatro, poi – grazie a un laboratorio presso il Centro Universitario Teatrale di Padova – ho scoperto la potenza delle storie sul palcoscenico e mi sono innamorato.

2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Entusiasmante (etimologicamente, proprio).

3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Forlì, primi anni ottanta, scopro di poter prendere a prestito libri fantasy e lo faccio, con avidità, ma di nascosto dai miei compagni di scuola.

4. Come definiresti la biblioteca?
Uno zoo safari di meraviglia, anzi: tanti zoo safari, tutti insieme.

5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
L’odore di libri. Mio papà era tipografo, carta e piombo sono le mie madeleine.

6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Che ricordi “Il pianeta degli alberi di natale”, di Gianni Rodari, bellissimo.

7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?​
“La storia infinita” di Michel Ende, tra i primi, mi piaceva tutto, la struttura, i colori diversi delle parole, la storia.

8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Oggi, Neil Gaiman, senza dubbio, magari “Coraline” o “The Ocean at the end of the lane” (L’Oceano in fondo al sentiero, nella versione in italiano), ma tutto in realtà.

9. Leggere fa bene? E perché?
A me fa bene, mi rilassa, mi fa sognare, imparare cose nuove, senza muovermi da casa o dal treno.

10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Quanto ti è piaciuto raccontare storie ai ragazzi nelle scuole e nelle biblioteche? Tantissimoooooooo!

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Paolo Roversi

Collabora con quotidiani e riviste ed è autore di soggetti per il cinema e per serie televisive, spettacoli teatrali e cortometraggi.
Tiene corsi di scrittura crime per la scuola Holden di Torino.
I suoi romanzi sono tradotti in otto Paesi.
Il suo ultimo romanzo s’intitola “Psychokiller” ed è stato pubblicato da SEM nel gennaio 2020.
A settembre 2019 è uscito il romanzo per ragazzi “Il segreto dell’ombra dell’alba” edito dal Battello a Vapore Piemme.
Dal suo thriller, pubblicato nel gennaio 2019 da SEM Addicted verrà presto tratto un film di cui lui stesso ha scritto la sceneggiatura.
Col romanzo “Solo il tempo di morire” (Marsilio) ha vinto il Premio Selezione Bancarella 2015 e il Premio Garfagnana in Giallo 2015.
Si è laureato in Storia contemporanea all’Università Sophia Antipolis di Nizza (Francia) con una tesi sull’occupazione italiana in Costa Azzurra durante la seconda guerra mondiale.

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1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Per passione. Se mancasse quella non potrei scrivere nemmeno una riga!

2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Spericolata. Non perché si rischi la vita a fare lo scrittore però la sfida è costante ed è quella di trovare, ogni volta, storie nuove ed intriganti da regalare ai lettori. Vi assicuro che non è così semplice.

3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Nella Bassa, quando avevo dodici o tredici anni, i pomeriggi d’estate con fuori il frinire delle cicale e dentro centinaia di libri da scoprire.

4. Come definiresti la biblioteca?
Essenziale per l’uomo e per la sua crescita culturale. Se non ci fosse bisognerebbe inventarla.

5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
Il silenzio e la calma. Due elementi che nella vita di oggi spesso non riusciamo a trovare.

6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Il titolo non me lo ricordo ma era un volume per ragazzi di quelli che ti rileggevi anche cento volte senza mai stancarti.

7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
“Post Office” di Charles Bukowski. Dopo averlo letto ho deciso che avrei fatto lo scrittore.

8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
“Il Barone Rampante” di Italo Calvino.

9. Leggere fa bene? E perché?
Molto bene! Fa volare la fantasia, ci stimola alla riflessione e ci rende liberi.

10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Queste andavano benissimo!