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Posts Tagged ‘lettoedetto’

Antonio G. Bortoluzzi sarà ospite della Biblioteca venerdì 3 maggio alle ore 18.00 all’interno della rassegna “Porte Aperte. Luoghi, culture e voci dal territorio“. L’autore presenterà il suo libro “Il saldatore del Vajont” e dialogherà con Annalisa Bruni.

Mi chiamo Antonio Giacomo Bortoluzzi e sono nato nel 1965 in un piccolo borgo in Valturcana, nella conca dell’Alpago, in provincia di Belluno.
Poche case, molte stalle e sei famiglie. Prati ripidi, boschi, bestie, vecchi, donne e ragazzini. Una strada bianca tutta in salita che portava ad altri abitati altrettanto piccoli e senza la tabella con il nome.
Nel borgo non c’era nulla: né un prato abbastanza in piano per fare una partita a calcio, né una bottega o una chiesetta. Tantomeno un telefono. C’erano un lampione, un portone di legno pieno di puntine dove mettevano gli annunci mortuari e un capitello di San Fermo con una spessa grata di metallo.
Ho cominciato a lavorare nei cantieri e in fabbrica molto presto, poi ho incontrato i libri, e il mondo è cambiato.

  1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
    Per me scrivere è una grande passione. Amavo e amo leggere, e ho sempre trovato meraviglioso come i grandi scrittori e le grandi scrittrici riuscissero a mettere sulla pagina (con quei segni fissi, quell’organizzazione apparentemente rigida) così tante scene, emozioni, sentimenti, idee. E ho capito che il mondo e la vita potevano essere narrati.
  2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
    Avventurosa.
  3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
    Era la piccola biblioteca della scuola media, c’erano gli armadi, le antine di vetro e dentro c’erano i libri accostati l’uno all’altro. L’idea che mi ero fatto è che fosse roba dei prof, e quindi fosse meglio non toccare. E mi sbagliavo.
  4. Come definiresti la biblioteca?
    Il luogo della scoperta.
  5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
    L’incontro con le persone. E quel magico evento che accade quando chiedi il titolo di un libro ed è subito individuato in mezzo a migliaia di altri.
  6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
    Possiedo ancora l’unico libro che avevo in casa da bambino, s’intitola Bisonte nero, racconto indiano (L. Mellano, Ditta G. B. Paravia, Torino). È stato pubblicato nell’agosto del 1900 ed è ancora perfettamente leggibile dopo 124 anni, e lo sarà ancora per molto tempo. Il libro è anche un oggetto tecnico modernissimo, resistente, duraturo, e consultabile in ogni momento. Ed è sempre “acceso”, anche senza energia elettrica.
  7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
    Quando ho letto I quarantanove racconti di Ernest Hemingway, mi è sembrato di trovare il grande manuale sulla scrittura che cercavo da anni.
  8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
    L’isola misteriosa di Jules Verne mi era piaciuto moltissimo quand’ero ragazzino. Un’avventura che mi aveva totalmente assorbito, e poi c’era quell’idea che gli uomini, lavorando, studiando, sperimentando insieme potessero farcela contro le “avversità” della vita.
    Un’avventura ottocentesca, solida, che si può leggere anche nella forma di graphic novel.
  9. Leggere fa bene? E perché?
    Leggere un buon libro (quindi seguire una narrazione abbastanza lunga) è passare del tempo fuori di sé e allo stesso tempo dentro di sé. Significa imparare un sacco di cose, divertirsi e commuoversi, maturare dei sentimenti che ci accompagneranno per molto tempo, forse per tutta la vita.
    E poi leggere fa bene perché ci fa compagnia.
  10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
    Le domande mi hanno fatto riflettere e mi è piaciuto rispondere, potrei aggiungere una considerazione, visto che abbiamo parlato molto di biblioteche: secondo me un ruolo importante della cultura (e dei luoghi della cultura) è l’incontro, la relazione, lo stare insieme. Il riconoscerci.



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Andrea Artusi sarà ospite della Biblioteca sabato 20 aprile 2024 alle ore 16.30 dove presenterà con Mirco Zilio, il suo ultimo libro “Odino Buzzi: cronista detective, quattro storie”,  Round Robin edizioni.
In questa occasione verranno anche esposte le tavole realizzate dai partecipanti al corso di fumetto tenuto da Andrea Artusi in Biblioteca.

Ho iniziato giovanissimo a pubblicare i miei primi lavori come illustratore alla fine degli anni ’70 sulle pagine dell’editoria cattolica per ragazzi per case editrici come LDC Leumann e AVE.
All’inizio degli anni 80 sono entrato a far parte dello Studio Metropolis di Luigi F. Bona disegnando illustrazioni e fumetti per Mondadori, Rizzoli, Universo e altri editori.
Dal 93 sono collaboratore della Sergio Bonelli Editore per la quale ho scritto e disegnato storie di Legs Weaver, Nathan Never, Gregory Hunter, Dylan Dog, Dampyr e Martin Mystère.
Faccio parte dei Mysteriani, il gruppo di autori che ha dato vita alla miniserie “Le Nuove Avventure a Colori di Martin Mystère”.
Dal 2000 al 2005 ho diretto il dipartimento Comics & Illustration di Fabrica, il centro ricerche sulla comunicazione del Benetton Group che ha realizzato uno dei primissimi E-Comics italiani.
Sono docente del corso “Digital Illustration e Character Design” per l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia e Verona.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Credo in tutta franchezza che sia stato questo lavoro ad aver scelto me.
Ho iniziato a leggere e disegnare fumetti quando ero piccolissimo e questa passione mi ha guidato negli anni. Disegnare era inconsciamente l’unica cosa che sentivo di poter fare come mestiere, anche se ho scoperto negli anni che era assai complicato.
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Follemente razionale.
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Sono cresciuto negli anni ’60 in un piccolo paese di provincia del veneziano e mia madre, che era una lettrice accanita, portava me e mio fratello ogni fine settimana nella piccola biblioteca locale a scegliere qualcosa da leggere. Era una specie di rito che ricordo ancora con grandissimo piacere.
4. Come definiresti la biblioteca?
Il luogo in cui la cultura si può percepire, annusare, scoprire.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
L’atmosfera. Essere circondato dai libri credo renda le persone in qualche maniera migliori.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
I miei genitori mi regalarono, ancora prima di iniziare ad andare a scuola quando avevo appena iniziato a leggere, un meraviglioso libro pop-up che ancora conservo di “Aladino e la lampada magica”.
Fu il primo che lessi autonomamente.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
Domanda difficilissima… tra i tanti scelgo “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” di Raymond Carver.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Blankets” di Craigh Thompson che è un graphic novel.
9. Leggere fa bene? E perché?
Perché ci apre ad altri mondi, ci fa viaggiare senza muoverci.
Leggere è il nostro “melange”, la spezia di Dune senza gli effetti collaterali.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
I fumetti sono letteratura? Assolutamente sì, sono letteratura disegnata.

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Giuseppe Mendicino sarà ospite della Biblioteca venerdì 19 aprile alle ore 18.00.
Dialogherà con Sara Zanferrari attorno al suo ultimo libro “Conrad. Una vita senza confini”. Ascolteremo la lettura di alcuni brani dalla voce di Paola Zecchino.

Nato ad Arezzo, Giuseppe Mendicino è l’autore di Conrad. Una vita senza confini, edito da Laterza.
Per lo stesso editore, nel 2021 Mendicino ha scritto Mario Rigoni Stern. Un ritratto. Al narratore dell’altipiano dei Sette Comuni ha dedicato anche Mario Rigoni Stern. Il coraggio di dire no (Einaudi 2013) e Mario Rigoni Stern. Vita, guerre, libri (Priuli & Verlucca 2016). Tra le altre pubblicazioni, Portfolio alpino e un saggio biografico su Nuto Revelli.
Nel corso degli anni ha scritto saggi brevi su Joseph Conrad, Primo Levi, Dino Buzzati, Leonardo Sciascia, Luigi Meneghello e altri.
Nel 2021 ha curato il convegno sul centenario di Mario Rigoni Stern e nel 2022 il libro che ne ha raccolto gli atti nelle edizioni Ronzani, Mario Rigoni Stern. Cento anni di etica civile, letteratura, storia e natura. Sempre nel 2021 ha curato la mostra Muse -Mart dedicata al mondo naturale di Rigoni Stern e il libro edito da Hoepli Dolomiti cuore d’Europa di Giovanni Cenacchi.
Nel 2023 ha curato la ristampa de Il campo rosso: cronaca di un’estate, 1946 di Giovanna Zangrandi, edito dal CAI e ha collaborato alla mostra su Primo Levi e le montagne attualmente in corso presso il Museo Nazionale della montagna di Torino. Collabora con l’Enciclopedia Treccani e i periodici Doppiozero, Meridiani Montagne e La Rivista del CAI.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Di mestieri ne ho due, dirigente pubblico e scrittore. Qui parliamo del secondo naturalmente. Come tutti coloro che amano i libri sin da ragazzi, a un certo punto ho sentito il desiderio di raccontare, descrivere, approfondire. Il lavoro creativo, di qualunque tipo si tratti – artigianale, artistico, specialistico -, è quello che dà più soddisfazioni.
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Affascinante.
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Ne ho molti: l’antica biblioteca di Arezzo, la città dove sono nato e cresciuto; la biblioteca Marciana di Venezia, dove un appassionato bibliotecario mi aveva donato una dispensa di paleografia; la piccola biblioteca di Carbonera in provincia di Treviso, dove ho svolto il mio primo lavoro, da bibliotecario appunto; la biblioteca del paese dove vivo, Bellusco, che nel 2006 proposi e ottenni di intitolare a Mario Rigoni Stern, la prima in Italia; e infine la biblioteca di Cortina d’Ampezzo, dove sino allo scorso dicembre lavorava il grande bibliotecario Mauro Polato, che ho ricordato e ringraziato nell’ultima pagina del mio libro su Joseph Conrad.
4. Come definiresti la biblioteca?
Le biblioteche sono un indice analitico del mondo. Sono il simbolo del desiderio di conoscenza e di apertura mentale che è sempre stato proprio degli uomini e delle donne migliori.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
La possibilità di scoprire libri mai letti; di cercarli, trovarli e sfogliarli.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Il primo libro serio che ricordo di aver letto, con tanto piacere, è L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
Ne dico quattro. La linea d’ombra di Joseph Conrad, Quota Albania di Mario Rigoni Stern, Addio alle armi di Ernest Hemingway e La morte di Ivan Il’ič di Lev Tolstoj.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
La linea d’ombra di Conrad e L’isola del tesoro di Stevenson.
9. Leggere fa bene? E perché?
Leggere e conoscere sono il presupposto fondamentale per poter ragionare con la propria testa ed essere liberi.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Quale scrittore avesti voluto conoscere di persona?
Uno era Mario Rigoni Stern, e ci sono riuscito.
Gli altri sono Joseph Conrad, Ernest Hemingway, Primo Levi e Italo Calvino.

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Carlo Giupponi sarà ospite della Biblioteca sabato 16 marzo alle ore 16.30 con il suo libro “Venezia e i cambiamenti climatici: quale futuro per la città e la sua laguna?” all’interno del ciclo di incontri “L’acqua e i mutamenti climatici: cosa sta cambiando?“. L’autore dialogherà con Cristina Giussani della libreria Mare di Carta.

Carlo Giupponi è Professore Ordinario di Economia Ambientale e Applicata presso il Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. La sua attività di ricerca si concentra sulla scienza della sostenibilità e l’adattamento al cambiamento globale, con interessi specifici per i metodi di valutazione, l’analisi di scenario e la valutazione integrata – economica, ambientale e sociale – delle risorse naturali, dalla scala locale a quella globale. I suoi contributi metodologici più rilevanti sono nel campo dell’integrazione disciplinare, attraverso lo sviluppo di metodi, modelli dinamici e spaziali, e strumenti di supporto alle decisioni per aziende private ed enti pubblici. Ha diverse responsabilità in progetti ed istituzioni accademiche e di ricerca (es. FEEM), partecipazioni a comitati di riviste scientifiche (es. SESMO), associazioni e reti (es. MedECC, Future Earth). La sua produzione scientifica si trova in oltre 330 pubblicazioni ed è stata riconosciuta in vari contesti; es. la “Hot list” Reuters 2020 dei 1000 autori più influenti nel campo degli studi sul clima e North-South Prize 2020 del Consiglio d’Europa per il contributo alla redazione del rapporto “Climate and Environmental Change in the Mediterranean Basin”.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Passione e curiosità per le problematiche ambientali. Mi interessa conoscere e studiare cose nuove e quando mi pare di averle capite, mi piace sperimentarle… e poi passare ad esplorare altre cose nuove.
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
“Intensa”: assorbe molte energie e molto tempo, spesso troppo; non è facile difendere tutto il resto dall’invadenza del lavoro, ma anche “stimolante”, che è ciò che fa sì che si mantenga l’entusiasmo per quello che si fa.
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Ricordo la Querini Stampalia a Venezia, quando si studiava per la maturità e poi per gli esami universitari. Non so se fosse più un’opportunità per studiare o per socializzare.
4. Come definiresti la biblioteca?
La biblioteca per me è da tempo un luogo virtuale. Leggo e studio buona parte del giorno, cercando nelle banche dati delle riviste scientifiche dal mio computer. Questa biblioteca è il mio principale strumento per conoscere le cose importanti per il mio lavoro.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
Le biblioteche fisiche sono spesso luoghi bellissimi, specie se sono ambienti storici, ma nelle biblioteche si sono spesso realizzate le idee degli architetti moderni più bravi. Mi piace il silenzio.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Non ricordo quale sia stato il primo, ma ricordo bene che da piccolo mi era piaciuto molto “Il piccolo principe” di Saint-Exupéry, con i bei disegni dell’autore.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
Ogni libro che leggo mi lascia piccoli ricordi e impressioni che si accumulano e spesso, purtroppo, perdono i riferimenti alle fonti.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
I libri del collettivo bolognese Wu Ming (prima Luther Blisset), mi sono quasi sempre piaciuti molto. Conosciamo poco la storia e questo ha conseguenze negative sulle nostre idee e sui nostri comportamenti, per cui consiglierei di leggerli partendo da quello che affronta la storia che più interessa, non preoccupandosi per il numero di pagine, che non pesano assolutamente.
9. Leggere fa bene? E perché?
Siamo sempre più isolati, anche se connessi. Leggere libri permette di conoscere altre persone e le loro storie e rapportarsi con loro anche a distanza di secoli e in continenti diversi, con i tempi e l’approfondimento che servono per crescere interiormente.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Forse: Come possiamo far sì che i giovani leggano di più? Ma non avrei saputo rispondere.

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Angela Zampieri sarà ospite della Biblioteca sabato 17 febbraio alle ore 16.30 per il primo incontro del ciclio “L’acqua e i mutamenti climatici: cosa sta cambiando?”

Sono Angela Zampieri, classe ’94 e appassionata di mare da sempre.
Mi introduce con passione al mondo scientifico la mia maestra di Scienze delle scuole elementari e da lì questo mondo non l’ho più abbandonato. All’Università di Padova studio e poi mi laureo prima in Biologia nel 2016 e poi in Biologia marina nel 2018. Dato che del mondo scientifico non ne ho mai abbastanza, decido subito dopo la magistrale di fare un dottorato di ricerca in Scienze veterinarie sempre presso l’Università di Padova, che concludo nel 2022.
Gli ultimi due anni della mia carriera da dottoranda li vivo in parte all’Università tra laboratorio e articoli da pubblicare e in parte lavorando come Collaboratore Tecnico Professionale presso l’Agenzia regionale ARPA Veneto (ARPAV). Un periodo intenso, non lo nascondo, ma che mi ha permesso di arrivare dove sono ora. Oggi, infatti, lavoro ancora in ARPAV in veste di Collaboratore Tecnico Professionale, ma questa volta, da settembre 2023, nel mio contratto c’è scritto tempo indeterminato! E vi dirò di più, nel lavoro che svolgo non mi sento affatto un pesce fuor d’acqua! Anzi! Spesso sono infatti coinvolta in attività di monitoraggio in mare che mi permettono di toccare con mano molto di quello che ho studiato e di conoscere aspetti dell’ecosistema marino che solo l’esperienza in campo ti può dare!
Certo la mia carriera è pressoché appena iniziata ma sono esattamente dove volevo essere e cioè a stretto contatto con la mia più grande passione: IL MARE.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Per passione, interesse e curiosità verso il mondo marino. Il tutto è iniziato fin da bambina.
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Imprevedibile.
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Avrò avuto all’incirca sei o sette anni e a quel tempo mia madre, grande lettrice anche lei, portava me e mia sorella una volta a settimana in una biblioteca comunale poco distante da casa nostra. Di quella biblioteca ricordo che mi piaceva soprattutto la calma e il silenzio che c’era in ogni suo ambiente. Era come se entrando, il caos della città rimanesse fuori dalla porta, e lì dentro esistessero solo libri, personaggi, avventure e fantasia.
4. Come definiresti la biblioteca?
Un luogo prezioso da custodire sì, ma non gelosamente! Anzi, invitando sempre più persone a frequentarlo con calma e rispetto.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
La calma. Entrare in una biblioteca mi aiuta a rallentare, a prendermi del tempo per me e a ricentrarmi a volte quando trovo il libro giusto.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Forse non sarà stato il primo che ho letto, ma che mi ha colpito sì: “Ascolta il mio cuore” di Bianca Pitzorno.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne. Me lo regalò mia nonna materna, fiera lettrice di ogni genere di libri, per Natale. Avrò avuto all’incirca dieci anni.
Ricordo che mi disse di leggerlo nonostante fosse un po’ complicato per i termini usati e lo stile con cui era scritto. Iniziando a leggerlo mi resi conto che non conoscevo molte parole, mi disse allora di segnarmele quelle parole, per cercarne poi il significato. A distanza di anni mi è ricapitato tra le mani quel libro e sfogliandolo, nelle ultime pagine bianche in fondo al romanzo, ho ritrovato quelle parole scritte in matita dalla me bambina. Ho sorriso nel leggerle, perché sono tutti termini che fanno parte del linguaggio marinaresco, un linguaggio che con il lavoro che svolto ho imparato e sto imparando tutt’ora!
Si può quindi dire che ci avesse visto lungo la mia cara nonna, che oltre alla passione per la lettura mi ha trasmesso anche la curiosità verso il mondo e l’amore per il mare!
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Uno qualsiasi di quelli scritti da Bianca Pitzorno. È un’autrice che mi è piaciuta fin dal primo libro che ho letto e che è in grado di parlare in modo semplice di tematiche a volte complesse alle persone di tutte le età. Conoscerla quando si è ancora giovani lettori è un’esperienza che consiglio.
9. Leggere fa bene? E perché?
Potrebbe sembrare una risposta banale, ma leggere per me fa bene perché mi fa stare bene!
Sarà l’effetto del viaggiare con la fantasia che è l’unica forma di viaggio a costo e impatto zero?!?! Forse! Certo è che, se a volte mi capita durante la settimana (weekend compresi) di non riuscire a leggere nemmeno la pagina di un romanzo, ho come la sensazione che mi manchi qualcosa.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Non mi viene in mente altro, non sono pratica di interviste, ma le domande che mi avete rivolto mi sono piaciute.


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Tullio Avoledo sarà ospite della Biblioteca giovedì 23 novembre alle ore 18.00 per la rassegna Giallo in Biblioteca e dialogherà attorno al suo ultimo libro “I cani della pioggia” con Felice Galatioto.

Sono nato per caso in un paese del Friuli nel 1957, l’anno dello Sputnik.
Mentre nascevo passava fischiando la Littorina delle quattro del pomeriggio, su una ferrovia che ora non c’è più e che costeggiava la casa dei miei, una vecchia casa contadina col cesso in cortile. Era estate.
Da allora viaggio nel tempo, alla velocità di un minuto al minuto. Guardo le cose, certe non le capisco, certe le amo. Dipende. Il mondo e le sue trasformazioni non cessano mai di stupirmi. Sono un viaggiatore eternamente incantato.
Mi è capitato di vivere molte vite, di fare diversi lavori, di conoscere tante persone che mi sono diventate care. Ora ho un’età in cui le cerimonie degli addii si fanno più frequenti, e gli amici lasciano la sponda della vita per raggiungere l’altra riva, e la cosa mi dispiace e mi riempie di un senso di ingiustizia. So ovviamente che il tempo è solo un’illusione, ma fa male lo stesso, dirsi addio.
Non sono ancora triste, solitario y finàl, ma la mia resistenza ormai è solo nei libri che scrivo, e che sono talmente tanti che spesso ne confondo o non ne ricordo i titoli, o le storie. Ma sono lì, e se volete potete andarveli a cercare sugli scaffali di una biblioteca, dove pian piano stagioneranno e acquisteranno, spero, il profumo delle cose antiche.
In questa nota poco biografica ma molto mia ho inserito le tracce per trovare tre libri che mi sono cari. Tutto il resto lo trovate su Wikipedia o sul risvolto di uno dei miei libri.
Non ho altro da dire, vostro onore, se non che dalla vita invoco il minimo della pena.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Il lavoro che faccio per poter vivere (mangiare, proteggere me e la mia famiglia dal freddo, ecc.) è il legale in una banca, attualmente impiegato presso il suo ufficio reclami. Scrivere non lo considero un lavoro ma un’arte, oltre che un grido di libertà. Non certo un lavoro.
Il lavoro che faccio per vivere non l’ho scelto, ma come tutte le cose della vita me lo sono fatto piacere, trovandoci anche dei lati buoni. Ho, nei confronti della mia vita personale, un’attitudine zen.
La scrittura non l’ho scelta. È lei che a un certo punto della mia vita ha scelto me. C’era una storia che voleva essere scritta, mi ha urlato dietro “ehi, guarda che devi scrivere cosa sta succedendo a questo Paese. Fermati e ascoltami.”
Io mi sono fermato ad ascoltarla, e l’ho trascritta in parole, e da lì ogni cosa è venuta…
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Parliamo di lavoro o di scrittura?
Fa lo stesso.
Un aggettivo? “Sorprendente”.
Se potessi invece scegliere un sostantivo sceglierei “sprezzatura”, una parola coniata da Baldassarre Castiglione che significa “usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte e dimostri ciò, che si fa e dice, venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi…”
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Uh, ma quanto devo tornare indietro nel tempo…?
Va bene. La prima biblioteca che mi viene in mente è quella dell’adolescenza, ospitata nell’antica torre della porta principale di Valvasone. Era un posto meraviglioso, dove passare il pomeriggio in compagnia dei classici o dei libri nuovi che il bibliotecario mi proponeva, conoscendo i miei gusti. Pratolini, Bassani, Tobino, Fruttero e Lucentini…
Ricordo l’ansia con cui attendevo i nuovi arrivi settimanali, e la gioia di certe scoperte.
Prima ancora c’era stata la biblioteca della scuola, in cui pochi anni prima aveva insegnato Pier Paolo Pasolini. Libri dalle copertine grigie, che io e un mio compagno di classe delle medie facevamo a gara per divorare, spaziando dai classici russi e francesi a Salgari e alle biografie dei grandi personaggi storici. Leggevamo tanto. Non perché non ci fosse di meglio da fare ma perché era un modo di allargare il giro della prigione.
4. Come definiresti la biblioteca?
Prendo a prestito le parole di Adriano dall’opera di Marguerite Yourcenar che amo di più.
Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
La gratuità del sapere. La mancanza di egoismo, di senso del possesso.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Pretendete troppo. È una risposta facile solo per uno scrittore giovane, o per uno di quegli scrittori di ogni età (ma io li chiamo scrivanti) che leggono così poco (lo si vede da come scrivono) che probabilmente avrebbero la risposta pronta.
Onestamente, non ricordo. Penso, spero, che fosse un libro per bambini. E poi, certo, l’enciclopedia Conoscere, di cui i miei avevano comprato solo tre volumi e che è stata per me una seconda scuola.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
“Cuore di tenebra” di Joseph Conrad. Se la mia biblioteca bruciasse e potessi salvare un solo libro sarebbe quello.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Un libro di Ursula Le Guin, “I reietti dell’altro pianeta”.
Oppure “Straniero in terra straniera” di Robert Heinlein. La fantascienza fa bene a tutte le età, ma soprattutto ai giovani. Apre gli orizzonti. Scavalca steccati, e spesso li abbatte.
9. Leggere fa bene? E perché?
Leggere non fa né bene né male. Dipende da quello che si legge. È un’attività lenta e faticosa, che richiede un investimento di tempo e di concentrazione notevoli. Stanca la vista. È quindi bene selezionare attentamente quello che si legge. Esattamente il contrario di quello che faccio io, che leggo sempre, e di tutto…
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Che ore sono?

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Valentino Ronchi sarà ospite della Biblioteca mercoledì 18 novembre alle ore 18.00 per il primo appuntamento del nuovo format pensato dalla Biblioteca e dedicato alla poesia, “SpineaPoesia” durante il quale ci condurrà tra le pagine del suo libro “Buongiorno ragazzi”.

Valentino Ronchi, nato a Milano nel 1976, ha fatto e fa il libraio, lo scrittore e l’editor.
Ha pubblicato il romanzo Riviera (Fazi 2021) e i libri di poesia Buongiorno ragazzi (Fazi 2019), Primo e parziale resoconto di una storia d’amore, (nottetempo 2017) e L’epoca d’oro del cineromanzo (nottetempo 2016).

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Per stare vicino alle cose che amo e il più possibile lontano da quelle che non amo.
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
“Mia”, direi se non fosse che i possessivi sono i più fastidiosi fra gli aggettivi e se possibile li scanso.
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Ci sono entrato tardi, confesso a voi, amici di Spinea. Ma poi mi sono rifatto, all’università: tutte insieme, la Sormani, quella della Statale, quella della Cattolica. Passavo da una all’altra, compilavo cedolini, scartabellavo meravigliosi cataloghi cartacei, che uscivano dai cassetti. Ci saranno ancora? E poi mi mettevo in attesa, come per un appuntamento.
4. Come definiresti la biblioteca?
La parola stessa biblioteca è meravigliosamente carica, ricca, e per questo sfugge alle definizioni: si definisce da sola. È una di quelle parole semplici, che hanno la fortuna di avere in sé tutto il loro potenziale evocativo.
Pensate: “La prima volta la vidi che usciva dalla biblioteca.” Oppure “Me ne stavo seduto in biblioteca”. “Lavorava da quindici anni in una biblioteca”. Sono già microstorie queste frasi, solo per il fatto di contenere la parola.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
Le persone che ci sono dentro. Ma anche quelle che ne escono, con un nuovo prestito sottobraccio, e quelle che, speranzose, ci stanno entrando.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Ricordo un “Il vecchio e il mare“, letto da solo, in mattina, a casa con la febbre.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
Il Grande Meaulnes“, “La linea d’ombra” e “Il giovane Holden“.
E, più da grande, “Libera nos a malo“.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Le notti bianche“. Meno di cento pagine, spalancano un mondo.
9. Leggere fa bene? E perché?
Fa bene, fa male, fa. Come la vita.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Por qué tienes nombre tù? Perché hai un nome tu? È una domanda che fa Pedro Salinas “La voce a te dovuta”. Ma grazie a Dio non me l’avete fatta, almeno per questa volta.

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Maratona di Lettura 2023

Abbracciando il tema della letteratura di fiume che fa da filo conduttore alla Maratona di Lettura di quest’anno, Sonia Aggio sarà ospite in Biblioteca giovedì 28 settembre alle ore 20.30 con il suo romanzo “Magnificat”.
Nel corso della serata ascolteremo alcuni brani del testo grazie alla voce di Lorenzo Scatto di Voci di carta.

Sono nata a Rovigo nel 1995. Sono laureata in Storia e lavoro come bibliotecaria.
Prima del mio romanzo d’esordio “Magnificat” (Fazi Editore, segnalato alla XXXIII edizione del Premio Calvino), ho pubblicato diversi racconti su «Lahar Magazine», «L’Irrequieto», «Narrandom» e «Altri Animali».

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Ho scelto di fare la bibliotecaria prima per caso, poi per scelta.
Nel 2018 ho svolto un tirocinio curriculare presso la Biblioteca dei Ragazzi di Treviso, dove ho scoperto la passione (e forse una predisposizione) per questo lavoro.
Dopo la laurea magistrale, ho deciso di proseguire questo percorso con il Servizio Civile Universale, sempre presso la BRaT, per poi passare all’attività di bibliotecaria presso le Biblioteche comunali, sempre apprezzando sia la vicinanza ai libri che tutte quelle pratiche di back-office che a molti appaiono noiose. 2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Sono una bibliotecaria di giorno e una scrittrice di notte, posso utilizzare lo stesso aggettivo per entrambe? Se sì, credo che il termine più appropriato sia “metodica”.
Sia la gestione di una biblioteca che la scrittura di un romanzo richiedono disciplina e organizzazione, altrimenti è veramente il caos!
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Ho cominciato a frequentare la biblioteca del mio paese durante le scuole elementari. Il ricordo più nitido di quel periodo è l’emozione che provavo tornando a casa con un nuovo libro nel cestino della bicicletta.
4. Come definiresti la biblioteca?
Un luogo di calma, meraviglia e possibilità, reso ancora più magico dalla gratuità del servizio (un aspetto di cui si parla troppo poco!)
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
La tranquillità. L’emozione di sfogliare i nuovi arrivi. La possibilità di avere tra le mani libri fuori catalogo o troppo delicati o troppo costosi per te.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
“Streghetta mia” di Bianca Pitzorno! Con quel libro mi sono innamorata della lettura e della magia (nel senso più ampio del termine).
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
Soltanto uno? Allora tiro fuori dal cilindro un altro libro letto nell’infanzia e dico “Cuore d’inchiostro” di Cornelia Funke, un libro stupendo sul potere della letteratura e delle storie.
È un libro per ragazzi, ma parlerà e piacerà anche agli adulti.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Quello che potrebbe piacere a quel determinato lettore. Non esiste un libro adatto a tutti.
9. Leggere fa bene? E perché?
Basta fare una ricerca su Google per scoprire i molti e lodevoli benefici della lettura.
Mi limiterò ad affermare che per me leggere è soprattutto piacere e soddisfazione, la stessa che si può provare davanti a un film, un quadro o al tuo piatto preferito.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Questa è una bella domanda. (Scusate, tenevo molto a questo gioco di parole).
Mi piacerebbe rispondere alla domanda: “Quanti libri possiedi?”, per poter rispondere: “Forse una cinquantina?” e scandalizzare così la maggior parte dei bibliofili.

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Maratona di Lettura 2023

Per non dimenticare il 60° anniversario del Vajont, tema collaterale della Maratona di lettura di quest’anno, Davide Rigoni sarà ospite della Biblioteca venerdì 22 settembre alle ore 18.00 e dialogherà con Ugo Scortegagna attorno al suo romanzo “La gola del diavolo. Giallo nel Vajont”.

Sono Davide Rigoni, uno scrittore mascherato da Commerciale nel settore spedizioni internazionali, l’attività di cui mi occupo da 15 anni. Purtroppo non di sola scrittura vive l’uomo.
Il mio percorso di formazione vede una laurea in Economia aziendale e un master in marketing management, ma la curiosità per tutto ciò che non conosco mi spinge a studiare sempre nuovi mondi e nuove materie. Vivo a Fiorenzuola d’Arda (PC), sono sposato con un figlio e nel tempo libero, oltre a scrivere, sono appassionato di fotografia, videogames e sport in genere.
Per 30 anni ho battuto i campi da pallavolo, prima da giocatore e poi da allenatore, una passione che ho abbandonato per sopraggiunti limiti di energie mentali, ma anche in favore della scrittura.
“La gola del diavolo” è il mio secondo romanzo e segue “L’ombra dell’acchiappasogni”, un thriller poliziesco uscito due anni fa.

1.Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Il mio vero lavoro (se per lavoro intendiamo ciò che ti dà da vivere) è quello di Commerciale nel mondo delle spedizioni Air & Ocean. Possiamo dire che è stato questo lavoro a scegliere me.
Ci sono entrato per caso in un momento in cui avevo necessità di lavorare vicino a casa, e da allora pur cambiando aziende non l’ho più lasciato.
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Se parliamo dell’attività di scrittore, direi onestà.
Cerco di non ingannare mai il lettore, ma di presentare un lavoro che, pur piacendo o meno a seconda dei gusti personali, sia elaborato con serietà e cura del dettaglio, un lavoro che mostri attenzione e rispetto per chi lo leggerà.
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Alle scuole elementari, andavo alla biblioteca del mio paese per prendere in prestito le raccolte di fumetti di Walt Disney. Alle scuole medie sono passato alla narrativa e ai tempi dell’università utilizzavo la biblioteca anche come luogo di studio.
4. Come definiresti la biblioteca?
E’ un concentrato di mondi, l’orgasmo del curioso.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
Difficile descriverlo. Provo un’attrazione irrazionale per le raccolte di volumi che non saprei spiegare. Sapere che raccoglie il lavoro, le opere di migliaia di persone che hanno scritto i libri lì contenuti, la rende un piccolo mondo affascinante.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Se la memoria non mi inganna, credo “Ivanhoe” di Walter Scott, in prima media, non per mia scelta.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
Trasgredisco e ne cito due: “I promessi sposi”, dopo averlo affrontato in gioventù, l’ho riletto nel periodo Covid e con gli occhi della maturità l’ho trovato entusiasmante ad ogni singola riga. Uno spaccato di storia con una profondità inarrivabile.
E poi “L’isola del giorno prima” di Umberto Eco. Non credo sia mai esistita una simile proprietà di linguaggio e una cultura della lingua italiana così estesa come quella del professor Eco.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Gli direi di stare il più lontano possibile dai grandi classici del passato, perché sarebbero il modo migliore di allontanarlo dalla lettura, così distanti dal nostro modo di pensare e di parlare, e di affrontarli in età adulta, quando sarà lui ad esserne incuriosito (perché se leggi, prima o poi quel momento arriva). Lo dirotterei su qualcosa di più agile e restando nel settore gialli – thriller (perché è ciò che conosco) gli consiglierei “La notte delle falene” di Riccardo Bruni. E’ una storia appassionante e misteriosa perché semplice e realistica, di un autore italiano che apprezzo molto.
9. Leggere fa bene? E perché?
Leggere fa benissimo. Ci costringe a vedere con gli occhi di qualcun altro, e non c’è niente di più importante per la propria crescita culturale e morale.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
“Ti aspettavi l’attenzione che sta ricevendo questo tuo secondo romanzo?” per confessarti che no, non solo non me l’aspettavo, ma temevo che non sarebbe stato capito per ciò che vuole rappresentare. Sono felice di essermi sbagliato.

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Aperibiblio 2023
Canzoni d’autore in chiave jazz, giovedì 27 luglio ore 19.00
Lorenzo Terminelli Quartet guest Paolo De Col, proporranno una selezione di brani di cantautori italiani arrangiati in chiave jazzistica.

Sono un musicista ed insegnante di musica della provincia di Venezia attivo dal 2000.
Sono un grande amante della musica strumentale in particolare il Jazz Rock degli anni 70.
Adoro il cinema ed i libri che trattano temi di carattere storico e biografico.

1. Perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
All’età di quindici anni scelsi di dedicarmi allo studio della musica perché non nutrivo
nessun interesse per le materie che studiavo a scuola.
Passavo ore ad ascoltare musica di diverso genere, guardare video didattici e praticare sui miei strumenti. All’epoca frequentavo il secondo anno di ragioneria con scarso impegno.
2. Qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
Croccante
3. Qual è il tuo primo ricordo di una biblioteca?
Frequentavo le scuole elementari, ricordo che accompagnai mia madre a scegliere un libro nella biblioteca del mio paese.
Rimasi molto stupito dal silenzio che trovai in quell’ambiente.
Vedere tutta quella gente concentrata nella lettura mi mise a disagio.
4. Come definiresti la biblioteca?
Inclusiva. Da quando ero bambino non sono mai stato un grande “divoratore” di libri, tuttavia le letture che ho scelto ed affrontato mi hanno sempre appassionato.
Prima dell’avvento di YouTube ed Internet frequentavo spesso le biblioteche per ascoltare e prendere in prestito CD di artisti a me sconosciuti.
Penso sia un buon ambiente per incontrare e conoscere persone con cui condividere e scambiare idee e riflessioni.
5. Cosa ti piace di più in una biblioteca?
La quiete ed il silenzio.
6. Quale è stato il primo libro che hai letto?
Le avventure di Mazinga Z.
7. Quale libro ti ha lasciato un ricordo speciale?
La biografia del grande bassista elettrico Jaco Pastorius.
8. Quale libro consiglieresti a un giovane lettore?
Pinocchio.
9. Leggere fa bene? E perché?
Dipende dal nostro stato d’animo e dalla scelta della lettura.
Ci sono libri e racconti che possono aiutarci a migliorare il nostro umore, magari se stiamo attraversando momenti particolari della nostra vita.
Allo stesso tempo basta leggere la prima pagina di un quotidiano per rovinarsi la giornata.
10. A quale altra domanda avresti voluto rispondere?
Non ci sono altre domande…


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